venerdì 17 luglio 2015

Ciò che inferno non è - Alessandro D'Avenia

La prima reazione 

alla fine di questo libro è stata il silenzio. Un silenzio carico di un'emozione grandissima che mai nessun altro libro è stato capace di darmi. Un silenzio carico di commozione e lacrime, di scoperta, di verità, di apertura totale ad ogni parola letta e divorata con fame di ogni pagina di questo libro.
La figura di Don Pino, o come lo preferisco io, Donpino, è la più bella e decisiva di tutte le storie, e questa è pure una storia vera. Un rompiscatole come si definisce lui stesso, quelle scatole che "ci ingabbiano, in cui ci nascondiamo, che nascondono non altro che parole vuote", quelle parole che vengono riempite in ogni pagina di verità e di altruismo, ma soprattutto di amore e coraggio. Perché per amare bisogna avere coraggio, e per avere coraggio bisogna amare. 
Le parole sono sempre insufficienti, soprattutto da parte di qualcuno come me, che mi sento inadeguata. Sono insufficienti perché la pienezza di questo libro stracolma dai suoi bordi, perché carico di vita. E descrivere o scrivere della vita, quella vita, è difficile, perché si dovrebbe solo viverla e farla vedere. Cerco quindi di fermare qualche goccia di quell'inondazione di capolavoro e meraviglia che questo libro mi ha dato. La povertà che posso offrire è solo questa, solo quella di un apprezzamento che va oltre la bellezza, la gioia, le lacrime che questo romanzo portano, perché è un libro vero, che ti sbaraglia, ti prende e ti scuote dentro, ti meraviglia e ti fa piangere, ti fa dire che è vero, che è tutto vero, che la vita è questa, che l'amore è tutto, tutto, tutto, anche nel dolore, descritto in contesti dove l'amore è assente, e l'inferno presente, perché è questo l'inferno, la mancanza di amore, la dimenticanza di amore. 
Si parla di ossimori, di poesia, di parole necessarie, che smettono di essere vuote, che fermano le cose ma che le fanno andare avanti. Di maschere da togliere, di verità da vivere.
Ma è proprio ciò che inferno non è che salva tutto. "Se nasci all'inferno hai bisogno di vedere almeno un frammento di ciò che inferno non è per concepire che esista altro" . E' quel frammento che salva tutto, ed è questo il gran cuore di Don Pino, l'aprire quello spiraglio che fa entrare luce nelle tenebre del cuore, tenebre che a Brancaccio si fanno spazio sempre più. 
Il coraggio, l'amore per la vita, l'affezione, il desiderio di felicità, queste le cose cui passiamo attraverso nel libro e che dovremmo prendere come nostre e viverle in noi. 
Perché "la felicità non consiste nell'allungare la vita, ma nell'allargarla". 

Sono grata e piena di commozione.

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